Tutti gli amanti di Giostra conoscono a memoria i versi del XXII canto dell’Inferno in cui Dante racconta che “…corridor vidi per la terra vostra, o Aretini, e vidi gir gualdane, fedir torneamenti e correr giostra..”. Ovviamente, la Giostra di cui parla il Sommo Poeta non è quella che conosciamo e disputiamo noi oggi in cui si sfidano i Quartieri di Arezzo. Fa riferimento, sicuramente, a quei torneamenti e a quelle forme di addestramento militare tipici aretini che, della Giostra moderna, ne costituiscono le fondamenta storiche. Dante infatti ha conosciuto bene il nostro territorio e la nostra Città, avendola frequentata più volte durante la sua vita e quelle terzine sono diventate da subito la miglior presentazione della Giostra dell’era moderna. Di più. Egli ne ha fatto esperienza in primo luogo partecipando, attivamente, alle battaglie e giostre ed in particolare ad una fondamentale, per noi aretini e per il destino della Toscana, che è stata quella di Campaldino. L’11 giugno 1289, giorno di San Barnaba, le schiere Guelfe e Ghibelline aretine si affrontarono per la terra nostra, in Casentino, ai piedi del castello di Poppi nella omonima piana. Anche questo evento è descritto da Dante nel V canto del Purgatorio. A suggello di tutti ciò, proprio quest’anno e ancora una volta, i nomi di Dante, della Giostra e di Campaldino tornano a unirsi con forza anche quale miglior auspicio per uscire dal brutto periodo di pandemia che stiamo attraversando e che sembra stia finendo. Quest’anno si celebrano infatti i 732 anni dalla battaglia di Campaldino e ricorrono i 700 anni dalla morte dell’Alighieri, a cui sarà dedicata la Lancia d’Oro della Giostra del 5 settembre prossimo. Il filo rosso più visibile che mai lega questi due eventi al suo più celebre testimone.
Francesco Borghi, da "Il Labaro" n. 10/2021